Home Tuscia La Torre di Chia dovrebbe diventare un museo.

La Torre di Chia dovrebbe diventare un museo.

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”
Art. 9 della Costituzione della Repubblica italiana

Pier Paolo Pasolini era un uomo libero.
Un intellettuale poliedrico e versatile sia per la profondità dei temi trattati e sia per le modalità in cui questi sono stati narrati.
Politicamente, un comunista senza partito.
Spiritualmente, un cristiano senza chiesa.
Un uomo capace di guardare oltre tanto che, in una Italia che si andava laicizzando nella più deprecabile modalità piccolo borghese, aveva capito che uno dei problemi del secondo novecento era proprio la mancanza del “sacro”.

Un sacro che Pasolini ha raccontato da regista nel 1964 ne “Il vangelo secondo Matteo” e che, nella vita, ha ritrovato nella Tuscia e nel vecchio rudere di una fortificazione medievale nei pressi di Chia, recuperata e reinventata da lui stesso in casa/rifugio di un poeta “corsaro”.

Progettata dall’ Architetto Ninfo Burruano e disegnata da Pasolini stesso insieme al giovane Dante Ferretti, l’abitazione si svolge lungo le dirute mura medievali del Castello di Colle Casale con la vecchia torre mozza che interrompe la struttura in legno e vetro che si apre fisicamente sul paesaggio e spiritualmente sull’ eternità.

È notizia di pochi giorni fa che la “Torre di Pasolini” è in vendita ed è fondamentale che lo Stato eserciti quel diritto di prelazione sulla compravendita previsto per tutto ciò che è “bene culturale” (la Torre è tutelata con D.M. del 19 gennaio 2001).

Mauro Rotelli e Federico Mollicone, deputati FdI, hanno presentato al Ministro ai Beni Culturali Dario Franceschini una interrogazione affinché la Torre di Pasolini possa essere acquistata e trasformata in un museo a disposizione della collettività.

Questa è innanzitutto una questione di civiltà perché, uno Stato come l’Italia, che pone la cultura tra i principi fondamentali della sua Costituzione non può permettere che una parte dell’eredità intellettuale di quello che è stato uno dei più grandi poeti (nella più alta accezione del termine) del ‘900 non sia pubblica e quindi fruibile a tutti.

Poi è anche una questione di visione di ciò che la Tuscia, come territorio, vuole essere poiché, come Per Paolo Pasolini stesso scrisse per il Messaggero, “…basterebbe un minimo di programmazione. Viterbo è ancora in tempo per fare certe cose…Quel che va difeso è tutto il patrimonio nella sua interezza. Tutto, tutto ha un valore: vale un muretto, vale una loggia, vale un tabernacolo, vale un casale agricolo. Ci sono casali stupendi che dovrebbero essere difesi come una chiesa o come un castello”.
I più maligni obietteranno che lo Stato, soprattutto in questo periodo di incertezza, dovrebbe indirizzare risorse e sforzi economici verso altro.

Ma allora, i cittadini, per quale motivo dovrebbero continuare a lavorare e pagare le tasse, se non per, tra le altre cose, salvaguardare e tutelare il proprio patrimonio artistico e storico?

Abbiamo veramente perduto il senso della bellezza e dei valori?

Ecco, trasformare la Torre di Pasolini in un museo è forse, parafrasando il poeta stesso, ciò di cui abbiamo bisogno poiché rappresenterebbe una svolta culturale ed una presa di coscienza per un meraviglioso territorio ricco di possibilità.

Francesco Moretti