
«Un catarifrangente con le gambe». Quando si arriva a questo passaggio, anche il detrattore più avvelenato nei confronti di Giorgia Meloni non può trattenere un sorriso. È il punto del suo libro Io sono Giorgia in cui racconta di come si fosse addobbata per il giuramento al Quirinale quando divenne ministro della Gioventù nel quarto governo di Silvio Berlusconi: «Avevo acquistato un costoso tailleur cangiante che poteva piacere solo a me e forse a Platinette».
Meloni può piacere o non piacere, ma leggendo il volume di una cosa le va dato atto: non scansa le accuse che sul piano politico (e non solo) le vengono rivolte, ma le affronta e le ritorce sui suoi avversari, argomentando contro quelle che lei giudica ipocrisie da sepolcri imbiancati: «Lo ripeterò fino allo sfinimento: non voglio l’abolizione della legge sull’aborto. Ma ne rivendico la piena applicazione, in particolare sulla prevenzione. Il ddl Zan sulla omotransfobia? Un cavallo di Troia per far passare l’autocertificazione di genere, l’hanno smontato perfino le femministe».
Non solo: prende di petto ogni aspetto della sua biografia, pubblica (“II possibile secondo posto di Fratelli d’Italia nei sondaggi è un risultato su cui non avrei scommesso un soldo nel 2018”) e privata (i critici che lei cita: “Parli tanto di famiglia fondata sul matrimonio, Meloni, ma intanto non sei sposata”), e li sviscera senza infingimenti. Rivendicando sempre di essere «donna, madre, italiana, cristiana». Una combattente. «Tosta» per dirla con Carlo Calenda. Che non si sottrae mai al confronto, anche quando a bruciapelo le domando della notizia degli indagati con l’accusa di minacce e offese al capo dello Stato, Sergio Mattarella, con tanto di perquisizioni, «soggetti gravitanti in ambienti di estrema destra e a vocazione sovranista»: «Non ho elementi per commentare. Ho letto che c’è stata una operazione dei Ros su disposizione della Procura di Roma su questa presunta rete sovranista. Al presidente va la mia solidarietà per gli insulti e le minacce ricevute, ma al momento non so altro. Però mi faccia aggiungere: mi auguro ci siano elementi molto consistenti per disporre perquisizioni in casa, in un contesto in cui spesso i politici – me compresa – ricevono quotidianamente contumelie e pesanti intimi dazioni dagli haters. Perché se questi elementi più che solidi non ci fossero, allora ci troveremmo davanti a una preoccupante anomalia». In chiusura del penultimo capitolo – l’ultimo è dedicato a sua figlia Ginevra – la sua determinazione la rivendica apertis verbis: «Non ho paura di niente e di nessuno, se non quella di deludere me stessa e chi crede in me. Non sono ricattabile. Non sono sola, e chi ha scelto di accompagnarmi in questa battaglia è molto simile a me. Sono sempre stata sottovalutata, e questa è una grande fortuna. Per questo non diserterò. Io sono un soldato».
La Voce del Patriota