
Il clan del Fatto Quotidiano si prepari. Marco Travaglio e Andrea Scanzi buttino giù qualche Maalox in via preventiva. E con loro pure gli odiatori alla Oliviero Toscani, i tribuni rossi che affollano le tivù progressiste, i vari Lerner, Murgia e Saviano, la folta pletora di radical chic dei salotti buoni, i vecchi e i nuovi manettari. A questo giro il centrodestra non solo ha i numeri per imporsi sulla scelta del prossimo Presidente della Repubblica (non una partita qualsiasi, ma la Partita, quella con la P maiuscola, quella che in un modo o nell’altro finirà per determinare tutte le altre partite a venire, politiche e non), ma ha anche l’asso nella manica che può mettere d’accordo tutta la coalizione e pure una nutrita schiera di centristi: Silvio Berlusconi. Il dibattito, anche all’interno del cantiere del centrodestra, è più aperto che mai. Ad Atreju Giorgia Meloni ha detto chiaramente che al Quirinale vuole “un patriota” e che per averlo Fratelli d’Italia non è disposto ad accettare “compromessi”. “Nella prossima elezione del presidente della Repubblica il centrodestra ha i numeri per essere determinante – ha scandito durante l’intervento conclusivo – vogliamo un capo dello Stato che faccia gli interessi della nazione e non del Pd. Dobbiamo batterci per conservare e difendere la nostra sovranità nazionale”. E chi più di Berlusconi incarna la figura del “patriota”? Già prima della discesa in campo, il Cavaliere ha contribuito in prima persona a costruire il nostro Paese, dargli lustro e farlo brillare tra i grandi nel mondo. I suoi successi nel mondo dell’imprenditoria, la visione nell’edilizia e nella finanza, la rivoluzione culturale che ha saputo imprimere sui nuovi media. E ancora: il grande Milan e le televisioni. Non semplicemente un sogno italiano, ma il sogno italiano in mondo visione. E con esso i posti di lavoro creati e la ricchezza generata. Una ricchezza che ha saputo trainare qualunque settore su cui Berlusconi decidesse di investire. Berlusconi è un patriota che da sempre porta il Tricolore nel cuore. Lo ha fatto da imprenditore e ancor di più da politico. Il suo partito non avrebbe potuto chiamarsi altrimenti. Forza Italia, appunto. Più che un concetto è un tifo sfegatato per un Paese tutto da amare. In Forza Italia c’è tutta la carica di ottimismo che ha sempre contraddistinto il Cavaliere, anche nei momenti più bui. Tre volte Presidente del Consiglio, Berlusconi è stato anche l’ultimo premier voluto dagli italiani. Con lui a Palazzo Chigi abbiamo avuto le grandi opere per il rilancio di un Paese fermo da decenni, gli accordi di Pratica di Mare, il dialogo (prima di allora impensabile) con Stati Uniti e Russia sedute allo stesso tavolo, le amicizie personali con George Bush e Vladimir Putin, il sogno di una grande Italia in una grande Europa. Dopo tanta grandezza ci sono state soltanto nomine frutto di accordi di Palazzo. Ogni volta che è stato a Palazzo Chigi Berlusconi ha saputo proiettare sull’Italia la stessa visione e le stesse prospettive che nei decenni ha dato alle proprie aziende: l’ha fatta crescere, l’ha resa competitiva e l’ha portata nell’Olimpo dei Paesi che contano. Ed è proprio per questo che, esattamente dieci anni fa, è stato fatto fuori dai poteri forti e dalle élite internazionali. “Sicuramente è uno che ha difeso l’interesse nazionale”, ha rimarcato la stessa Meloni dal palco di Atreju. “È stato mandato a casa dalle consorterie europee perché non firmava una serie di trattati che poi ha firmato Mario Monti”. Ce lo ricordiamo molto bene cosa successe nel 2011: l’attacco dei mercati finanziari al sistema Italia, la balla dello spread, gli accordi sottobanco dell’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, i risolini di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy e infine il golpe bianco che portò il Professore in loden a Palazzo Chigi. Ne seguì la stagione delle riforme lacrime e sangue. Da quel giorno l’Italia ha smesso di contare all’estero e, quel che è peggio, si è vista rappresentare solo da Presidenti del Consiglio scelti da maggioranze posticce.
Ora l’Italia merita un capo dello Stato che, come ha giustamente annotato la Meloni, faccia gli interessi dell’Italia. Berlusconi incarna, a pieno titolo, questa figura. Tutta la sua storia (politica e imprenditoriale) è lì dimostrarlo. Il centrodestra non può indugiare. Anche perché questa partita influirà inevitabilmente sulla scelta del prossimo esecutivo. Non si illudano gli indecisi che credono al miraggio del “campo largo” di Enrico Letta: la sinistra non cerca mai alleati, ma solo utili idioti. Quella che si giocherà è la partita delle partite: i numeri ci sono e il nome pure. Basta metterlo nero su bianco al momento opportuno e infilare la scheda nell’urna. Poi il dado sarà tratto.
E magari ci godremo i travasi di bile di Travaglio & Co.
Da: Culturaidentità